L'atletica master da altri punti di vista

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Forte dei miei ruoli di master, tecnico, genitore ed (ex) dirigente, con questo articolo vorrei riordinare alcuni pensieri ed opinioni personali, confermando e/o smentendo alcuni luoghi comuni sull'atletica master.

Luoghi comuni:

  1. fare sport fa bene al corpo e alla mente, adulti sani riducono le spese per la sanità e migliorano la società
  2. i master portano tesseramenti e i tesseramenti portano soldi
  3. i master allungano solo i tempi delle gare e intasano i calendari, occupando i giudici

Da master, particolarmente attenta al mio benessere psicofisico ed anche critica nei confronti delle spese sociali, sono senza dubbio in accordo con il primo punto, fermo restando che, se le cose sono spinte troppo oltre i propri limiti, i problemi fisici e psichici aumentano invece di diminuire!!!

Da ormai ex dirigente concordo ovviamente con il secondo punto, più soldi alla federazione portano meno costi e più servizi alle società.

Da tecnico non posso non concordare con il terzo punto, mi ritrovo spesso a maledire i miei colleghi master in gara nelle assolute.

Scritto ciò devo assolutamente giustificare il mio essere master con il mio essere tecnico specificando che, come atleta, partecipo solo ed esclusivamente alle gare riservate ai master e alle gare degli enti di promozione sportiva (visto che per definizione sono dediti alla promozione).

Ma vediamo ora quali potrebbero essere altre chiavi di lettura.

Come dirigente, e anche come tecnico, ho spesso combattuto con lo scarso interesse delle famiglie nell'attività sportiva, che troppo spesso veniva presa come "parcheggio" per le ore pomeridiane nelle giornate feriali o nei periodo estivi, ma che non doveva in alcun modo intaccare la sacralità del riposo del fine settimana.

Di conseguenza pochi ragazzi alle gare, tanti gli allenamenti saltati che penalizzano il gruppo, poca propensione ad aiutare la società nell'organizzazione di eventi, nel trasporto dei ragazzi etc. etc.

Nella maggior parte dei casi queste famiglie sono quelle che poco hanno avuto a che fare con l'ambiente sportivo (inteso come competitivo, agonistico) e probabilmente non sono in grado di comprendere cosa c'è dietro ad uno sport agonistico, che non è un semplice fare "attività motoria".

Se poi lo sport in questione è l'atletica e la zona è quella del Cadore, è necessario non solo far comprendere cosa si intende per sport agonistico, ma anche cosa sia l'atletica, che troppo spesso è intesa come il semplice girare per più, e più ... e più volte nell'anello da 400 metri, ma è decisamente molto di più!

Quindi, se dovessi ripartire da zero così come ho fatto nel 2010, mi focalizzerei proprio sui master o gli adulti, perché questi sono o saranno genitori, nonni, zii e porteranno l'atletica in famiglia.

Come genitore, se non avessi mai fatto attività agonistica, gareggiando da master potrei capire cosa si prova nell'essere in gara, quali potrebbero essere le difficoltà emotive e tecniche e magari eviterei di mettere eccessiva pressione ai miei figli, potrei perfino sentirmi appagato e realizzato nel fare i miei allenamenti, nel migliorare, nel sentirmi meglio e nel fare le mie gare e quindi eviterei di riversare le mie frustrazioni sui miei figli.

Potrei addirittura essere apprezzato dall'allenatore di mio figlio perchè esprimo commenti con un minimo di cognizione di causa!

Come genitore che ha fatto attività agonistica, ma non atletica, se gareggiassi o almeno mi allenassi come master in atletica, potrei evitare di parlare all'allenatore con quel fare da "ma sai chi sono io?" e potrei capire che l'atletica, come tutti gli sport, è complessa e, anche se sono stato campione del mondo di bob a quattro (sport a caso, ogni riferimento è puramente casuale) potrei non essere competente nel lancio del disco!

Come genitore, che ha fatto atletica, potrei finalmente fare quelle specialità che mi erano state negate in gioventù perché sono stato specializzato troppo presto e potrei togliemi delle soddisfazioni senza riversare nei miei figli troppe aspettative.

Ora la parte che, probabilmente, richiederà un maggior sforzo di comprensione.

Prima di diventare un tecnico allenatore (2° livello) di atletica, sono diventata maestra di sci, anche se ora non esercito più. Il livello "base" per diventare un allenatore di sci di qualsiasi livello è quello di maestro di sci. Ai miei tempi, ed ora è anche più complicato, per diventare maestro di sci dovevi fare un corso con obbligo di frequenza di 60 giorni effettivi (ora sono 90) distribuiti in circa 12 mesi e poi superare gli esami, ma il corso era comunque la cosa più semplice perchè, per accedere al corso, si deve prima passare una difficilissima selezione.

Quella che ho fatto io, fra l'altro dopo essere stata bocciata alla prima, vedeva ben 600 partecipanti per 80 posti ... o meglio, siamo stati ammessi solo in 80.

Passare quella selezione era ed è impossibile se non si proviene dallo sci agonistico ed anche praticato ad un livello medio alto.

Quando mi si è presentata la possibilità di diventare istruttore di atletica partecipando ad un corso di pochi mesi, mi è parsa veramente una cosa strana.

Io, che in atletica avevo fatto solo corsa in montagna e saltato un po' in lungo e in alto alle scuole medie, potevo insegnarla ai bambini ed ai ragazzi??

Mah ... ero decisamente perplessa! poi, con il tempo, ho realizzato che l'atletica è così grande, così vasta, così varia, così universale, così popolare, ma così povera, che per avere tecnici è necessario non essere troppo schizzinosi e così anche un maratoneta può ritrovarsi a poter allenare il salto con l'asta o il lancio del martello!!

Per fare un paragone con la federazione da cui provengo, è come se un pilota di bob potesse insegnare a sciare, cosa impossibile, così come è impossibile che uno sciatore di fondo, possa insegnare lo sci alpino ... anche se sono decisamente più simili rispetto alla maratona e al lancio del martello.

E quindi? ... e quindi niente, in atletica la formazione e le nozioni di base vengono date con il corso istruttori, ma poi sta al singolo tecnico attivarsi per saperne e capirne di più su quelle specialità che non conosce, anche perché non sempre nelle piccole società c'è la possibilità di delegare ad altri tecnci più ferrati.

Onestamente a me non è mai piaciuta la frase "chi non sa fare insegna", anzi credo di più a "chi sa fare, non sempre sa insegnare"; penso quindi che se si insegna una cosa, è necessario saperla fare per capire quali possono essere le difficoltà nel farla eseguire.

Durante il corso istruttori camminavo per strada mimando la ritmica degli ostacoli, mi esercitavo sul parquet del salotto con i giri del martello, nel bosco lanciavo le pigne mimando la sfilata del giavellotto etc. etc.

Poi non bastava nemmeno più quello, perché i miei ragazzi erano diventati bravi e alle gare rischiavo di dire fesserie come tecnico, perché da fuori tutto sembra semplice.

Per fare un esempio, se un ragazzino sugli sci inizia troppo presto il piegamento in una curva o se si butta sull'interno, saprei perfettamente cosa dire per correggerlo, saprei perché lo fa, perché io stessa ho fatto quell'errore e so come si può migliorare, ma se vedevo un ragazzino "buttarsi" sul materasso  invece di salire durante un salto in alto, non sapevo cosa dire per correggerlo che non fosse il semplice evidenziare l'errore.

Conoscevo tante specilità solo dai video, dai libri, dai quei due esercizi in croce fatti al corso, non sapevo quali potessero essere i pensieri, le paure, le sensazioni che portavano i ragazzi a fare certi errori, mi mancava la pratica insomma.

Sono un caso strano forse, ma non penso di essere la sola, io amo gareggiare e amo sport e specialità tecniche, provo decisamente maggior soddisfazione nell'imparare a passare un ostacolo nel modo corretto, o nel valicare un'asticella in Fosbury o nel riuscire a correre, imbucare e saltare con l'asta rispetto a fare una gara di 10 km.

Ora ci vorrebbe una conclusione degna di questo lungo discorso, ma chi legge tragga da se le oppurtune considerazioni, io mi limito ad aggiungere che personalmente mi mancano ancora gare solo nell'asta, nel triplo e nelle siepi ... le altre le ho fatte tutte, compreso un eptathon e non disdegnerei un decathlon.

Qualcuna mi viene bene, qualcuna male, per qualcuna non sono portata, per altre un po' di più, ma so per certo cosa si prova quando ci si mette sui blocchi o ci si presenta in pedana e così, come dice Velasco, ai miei atleti non dirò "dai che è facile"!

barbara disco

 

 

 

 

 

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